e nel permafrost

“Benvenuto a Pyramiden, popolazione: una manciata di guide turistiche e un numero imprecisato di fantasmi ideologici.”
Se Barentsburg è una reliquia viva, Pyramiden è un sarcofago perfettamente conservato del realismo socialista in formato artico. Una città abbandonata nel 1998 e da allora rimasta quasi intatta.
Io ci sono stato. E posso dirlo con certezza: è uno dei posti più surreali, inquietanti e affascinanti che abbia mai visto. Una città fantasma dell’ex Unione Sovietica nel cuore della Norvegia. E ora ti ci porto.
Dove diavolo si trova Pyramiden?
Siamo sempre alle Svalbard, a circa 50 chilometri in linea d’aria da Longyearbyen, ma in un’altra galassia emotiva. Pyramiden si raggiunge solo via nave in estate o in sella alla motoslitta d’inverno, in compagnia di guide armate contro gli orsi polari e, possibilmente, di una forte tolleranza al freddo e all’assurdo.
Il nome “Pyramiden” deriva da una montagna a forma di piramide che domina la valle. Il nome è Svedese. Ma la città, nel suo cuore, è profondamente sovietica: costruita, popolata e poi abbandonata dai russi.

Una città modello, ma del 1983.
Negli anni ’80, Pyramiden era l’orgoglio minerario dell’URSS artica:
Più di 1.000 abitanti
Un palazzetto dello sport con piscina riscaldata (l’unica dell’arcipelago)
Un teatro con 400 posti
Scuola, mensa, ospedale, biblioteca, serre, campo da basket, galline
Il tutto alimentato a carbone. Naturalmente.
Oggi, tutto questo è ancora lì.
In perfetto stile sovietico: grandi spazi, zero fronzoli, funzionalità gelida.
Il tempo si è fermato il giorno dell’evacuazione, nel 1998.
E quando dico “fermato”, intendo: giornali sul tavolo, scarponi nel corridoio, spartiti sul pianoforte. Una capsula temporale congelata nel permafrost.
Cosa ho visto (oltre al senso costante di distopia glaciale)
📍 I dormitori abbandonati
Camere con letti in ferro, pantofole lasciate accanto ai comodini, poster sbiaditi alle pareti. Ogni stanza è un salto nel passato: l’URSS è uscita un attimo a comprare le sigarette, e non è più tornata.
Il silenzio è talmente totale che puoi sentire il freddo pensare.
📍 La scuola e l’asilo
Lavagne ancora impolverate, banchi minuscoli, disegni infantili appesi con cura, planisferi scoloriti che mostrano ancora l’URSS in grande e la una sola Corea con capitale Pyongyang.
In un’aula ho trovato un abaco gigante e un cartellone con i “mestieri del futuro sovietico”. C’è qualcosa di tenero e inquietante nel vedere giocattoli congelati nel tempo.
📍 La vecchia sede dell’Arktikugol
L’epicentro amministrativo del carbone, con i suoi uffici austeri, telefoni a rotella e un’atmosfera da “KGB in trasferta artica”.
Alcuni documenti sono ancora lì, come se ci fosse solo stata una lunga pausa pranzo. Ci si aspetta di vedere entrare un funzionario in cappotto grigio a firmare qualcosa di irrilevante ma ideologicamente impeccabile.
📍 La mensa collettiva
Vassoi, cucine, forniture e macchinari. Manca solo la zuppa di cavolo. E la fila.
La sensazione è che, da un momento all’altro, possa ricominciare la distribuzione del borsch.
📍 Il centro sportivo
Una palestra in perfetto stile URSS anni ’70, con parquet scricchiolante, canestri arrugginiti, e spogliatoi che odorano ancora vagamente di ammoniaca e patriottismo.
📍 Il busto di Lenin più a nord del mondo
Sì, c’è anche qui. Si affaccia solenne verso il ghiacciaio Nordenskjold, come se stesse progettando la rivoluzione artica definitiva. Non dice nulla, ma giudica. Sempre.

Cosa rende Pyramiden così speciale?
Per me, è l’assurdo equilibrio tra decadenza e conservazione.
Ogni edificio sembra congelato nell’istante esatto in cui gli abitanti se ne sono andati. Non c’è vandalismo. Non c’è degrado. Solo silenzio, vento e memorie.
E poi c’è il paradosso geopolitico: una città sovietica abbandonata in Norvegia, di proprietà russa, mantenuta da guide che citano Marx e spiegano come si viveva “ai bei tempi della mensa collettiva”.
È il sogno umido di un antropologo. O l’incubo glaciale di un urbanista.
Fun fact geo-ideologico
Tutti ti diranno che il busto di Lenin a Pyramiden si trova esattamente sul 79° parallelo nord. Spoiler: non è vero. È quasi lì, ma non ci siamo proprio con la precisione. Diciamo che è nel vicinato geografico del 79°, ma senza residenza ufficiale.
Probabilmente all’epoca bastava “dare l’idea” del simbolismo.
Del resto, chi avrebbe mai pensato che nel 2025 qualcuno sarebbe venuto fin quassù con un GPS in tasca e la voglia di verificare?
Lenin, nel dubbio, continua a guardare il ghiacciaio. E tace.

Perché andarci?
Perché non esiste nessun altro posto così. Perché è un luogo che racconta storia, ideologia, abbandono e resistenza al tempo. Perché è poeticamente inutile ma allo stesso tempo affascinante.
E perché dopo una visita a Pyramiden, qualsiasi città moderna ti sembrerà noiosamente viva.
Fine trasmissione da Pyramiden
Se sei arrivato fin qui senza congelarti le sinapsi, hai due missioni:
Rispondi al sondaggio qui sotto – è breve, indolore e totalmente non monitorato dal Ministero della Verità.
Se ancora non lo hai fatto iscriviti alla mailing list – non farlo significherebbe abbandonare questa spedizione nei ghiacci senza viveri né ironia. E non vorrai deludere Lenin. Lui guarda. Sempre.
Hai tempo fino al prossimo disgelo.
