Vodka, Lenin e Orsi Polari

Cronache da Barentsburg, l’ultima enclave sovietica nel Grande Nord

Benvenuto a Barentsburg, l’unico posto al mondo dove puoi sorseggiare vodka russa a 78° di latitudine nord, con una statua di Lenin alle spalle e un orso polare potenzialmente nascosto dietro l’angolo.

Siamo alle Svalbard, arcipelago norvegese dimenticato da Dio ma non dalla geopolitica. In questo paesaggio surreale, fatto di ghiacci, miniere abbandonate e fiordi spettacolari, si nasconde Barentsburg: un villaggio russo nel cuore del regno norvegese, una reliquia vivente della Guerra Fredda, dove il passato si è rifiutato di lasciare il posto al presente.

Un po’ di contesto

Barentsburg è reale, ma anche un po’ surreale. È il secondo insediamento più grande delle Svalbard (dopo Longyearbyen n.d.r.), e ospita circa quattrocento anime, perlopiù minatori ucraini e russi che estraggono carbone e sopravvivono a una temperatura media di non-sentirsi-più-la-faccia.

Ma… come può esistere una cittadina russa nel bel mezzo di un arcipelago norvegese, senza che la NATO si faccia venire l’orticaria?

Il segreto è nel Trattato delle Svalbard del 1920. Un capolavoro diplomatico che riconosce la sovranità norvegese sulle isole, ma consente a tutti i firmatari (Russia inclusa) di sfruttarne le risorse naturali.
La Russia, pragmaticamente, ha pensato: “Perfetto!”

Un viaggio nel tempo, senza DeLorean

Appena sbarcati, vi accoglie una scrittta in perfetto stile anni ’50: “La nostra meta è il comunismo”, che fa da sfondo a una gigantesca testa di Lenin. È come se la perestrojka si fosse fermata a Mosca e avesse dimenticato questo posto.

Camminando tra i palazzi in stile brutalista e le viuzze gelate, si ha davvero l’impressione di essere finiti in un episodio sovietico di Black Mirror.
Ma non è uno scherzo: la lingua ufficiale è il russo, la scuola segue il programma di Mosca, e la moneta locale è il Rublo.

Cosa vedere, oltre alla nostalgia sovietica

  • Il busto di Lenin: imperdibile selfie glaciale. È il secondo più a nord del mondo. Anche Lenin, probabilmente ne sarebbe entusiasta.

  • La miniera: ancora attiva, anche se con numeri simbolici. È possibile fare tour guidati (casco incluso), se non soffrite di claustrofobia e amate l’odore del carbone la mattina.

  • La birreria: Krasny Medved (“L’Orso Rosso”) produce una birra artigianale sorprendentemente buona. Non fate domande sull’acqua utilizzata. (la prendono dal ghiacciaio n.d.r.)

  • L’ufficio postale: sì, esiste davvero. Funziona. E spedisce cartoline che impiegano settimane ad arrivare, ma che partono ufficialmente “dall’Artico russo in territorio norvegese”, il che è già una conversazione assicurata. Timbro artico incluso.

Aneddoti da brivido

  • Barentsburg, ai tempi d’oro dell’URSS, era completamente autosufficiente: scuola, ospedale, teatro e perfino uno zoo artico.
    (Non ho avuto il coraggio di chiedere che fine abbiano fatto gli animali.)

  • Le scorte di vodka venivano calcolate in base alla temperatura esterna. Più il termometro scendeva, più bottiglie arrivavano. Chi sono io per giudicare?

  • Gli orsi polari? Presenti. Reali. Letali. Qui fuori dal villaggio è obbligatorio portarsi dietro un fucile (o una guida armata).
    Io ho scelto la seconda opzione. Volevo tornare intero.

Perché andarci?

Perché è uno di quei posti che non esistono da nessun’altra parte. Un mosaico di contraddizioni: russo in terra norvegese, sovietico ma nel XXI secolo, duro come il ghiaccio ma sorprendentemente caloroso (soprattutto se avete in mano una tazza di tè o un bicchiere di vodka).

È un viaggio che non si dimentica, né per la luce abbagliante del sole di mezzanotte, né per l’oscurità ideologica che sembra ancora aleggiarvi.

È un microcosmo geopolitico congelato nel tempo, dove puoi riflettere sul mondo tra una zampa d’orso e un brindisi con un minatore ucraino.


Prossimo episodio: Pyramiden, la città fantasma dove il tempo si è fermato nel 1989

Sto preparando il racconto della mia visita a Pyramiden, l’altro leggendario insediamento sovietico delle Svalbard. Abbandonata nel 1998, è rimasta congelata nel tempo: palazzi deserti, palestra con i pesi ancora sistemati, aula scolastica intatta, spartiti aperti sul pianoforte del teatro.

È come camminare in un film post-apocalittico dove l’URSS non è mai caduta, semplicemente… è uscita un attimo e non è più tornata.

📩 Iscriviti alla newsletter per non perderti il sequel di questo freddissimo feuilleton artico. E ricorda: non fidarti mai di un orso che ti sorride.

Ultimi articoli

Leggi anche...