Cronache semiserie da una ex città segreta, tra monumenti improbabili, uranio e geopolitica
Se il nome Aktau non ti dice nulla, stai tranquillo: è perfettamente normale. Anzi, complimenti. Significa che non sei ancora arrivato a quel punto della vita in cui ti sembra una buona idea una vacanza in riva al Mar Caspio. Ma per me sì, quindi ora ti ci porto. Benvenuto in questo angolo dimenticato del Kazakistan, dove il vento ha un retrogusto salmastro, le spiagge sembrano uscite da un catalogo sovietico del ’73 e la storia? Be’, quella brilla al buio.

L’origine del mistero
Aktau non è una città normale. Non lo è mai stata. Un tempo si chiamava Guriev-20, che suona più come una password Wi-Fi che come un luogo reale. Era una città chiusa: ovvero uno di quei piccoli gioielli sovietici che non esistevano. Non c’erano cartelli. Non c’erano strade. E soprattutto: non c’erano estranei.
“Le città chiuse non comparivano sulle mappe, non avevano nomi ufficiali, e se per caso ci finivi senza volerlo… Beh, diciamo che non raccontavi il finale.”
Il motivo? Uranio. E un reattore nucleare che forniva energia ad un’intera città costruita praticamente nel nulla, nel cuore del deserto. Ah, e acqua. Perché Aktau è una delle pochissime città al mondo il cui sistema idrico si basa interamente sulla desalinizzazione. Praticamente Dubai, ma senza grattacieli, influencer, o soldi.

Geopolitica in ciabatte
Non dimenticare che Aktau si affaccia sul Mar Caspio, una pozza d’acqua salata contesa da almeno cinque paesi con piani ambiziosi e malcelate tensioni: Russia, Iran, Azerbaigian, Turkmenistan e, ovviamente, Kazakistan. Il Caspio è una specie di condominio litigioso, con più tubi per il petrolio che pesci.
Nel 2018, proprio qui si è tenuto il famoso Summit del Caspio, dove i grandi della regione hanno finalmente deciso che “ok, il mare è nostro, ma anche vostro, ma non del tutto”. Tutto molto chiaro. Insomma, Aktau è strategica. Ma in modo low-key, come quel tizio silenzioso in fondo alla classe che un giorno scopri lavorare per i servizi.
Come si vive oggi?
Aktau è oggi una città “aperta”, con tanto di centri commerciali e catene di fast food. Ma l’atmosfera da zona militare in pensione rimane. Le strade sono ancora numerate, e l’architettura è brutalista con accenni di disperazione. Ma tranquillo, il tramonto sul Caspio ti farà dimenticare tutto – tranne forse le radiazioni.

Cosa c’è da vedere ad Aktau?
Ebbene sì, ci sono anche cose da vedere. Sorprendentemente affascinanti, se apprezzi il genere “post-sovietico con accenni di surreale”. Ecco le mie tappe preferite in città:
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Il Faro di Aktau (sul tetto di un palazzo) – Già, hai letto bene. È un faro, vero, funzionante… costruito sul tetto di un edificio residenziale di 9 piani. Perché costruirne uno nuovo quando puoi metterlo sopra casa di qualcuno?
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Parco della Vittoria – Una collezione di aerei, statue di guerra e memoriali, perfetti per una passeggiata esistenzialista.
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La Fiamma Eterna – Un monumento ai caduti della Seconda Guerra Mondiale che arde costantemente. Suggestiva, silenziosa, e circondata da quell’aura di rispetto solenne che solo il cemento riesce a trasmettere così bene.
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Lettere “AKTAU” giganti sulla costa – Per chi vuole scattare la foto ricordo perfetta, tipo Hollywood, ma con meno celebrità e più vento.
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Il lungomare (Naberezhnaya) – Il Caspio non è tecnicamente un mare, ma quando ti ci affacci al tramonto, te ne dimentichi. Palazzoni a est, petrolio a ovest, e un silenzio che fa quasi poesia.

Conclusioni scomode su una città difficile da spiegare
Aktau è un posto che non ti vuole ma ti ospita comunque. Non ti accoglie, ma non ti respinge. Una città che esisteva già prima di essere sulla mappa, e forse continuerà a esistere anche dopo che te ne sarai dimenticato.
Ma se ti capita di arrivarci – magari dopo tre scali e una scommessa persa – respira a fondo, lascia perdere Google Maps (tanto le vie sono numeri), e segui il vento. Ti porterà ad un bar sulla costa dove potresti finire a bere tè con un ex ingegnere nucleare che non ti dirà mai tutto… Ma ti racconterà abbastanza da farti restare.